Ascoltando le avventure di Nicoletta, sembra che non abbia fatto altro che navigare per tutta la vita. Invece c’è stato un lungo periodo in cui non immaginava nemmeno che il mare potesse diventare il suo lavoro. Poi, a 51 anni, tutto è cambiato.
Nicoletta, partiamo dall’inizio. Da dove arriva la tua passione per il mare?
Sono nata a Milano e per la mia famiglia il mare era in Liguria. Da piccola ho avuto la fortuna di passarci tanti mesi ogni estate e ricordo che stavo sempre in acqua: tuffi, nuotate, sci d’acqua. Mia mamma aveva una barca a motore e ci portava fuori a pesca, lo zio una barca a vela. Da adolescente ho frequentato i corsi del Centro Velico Caprera assieme a mio fratello e lì ho imparato a destreggiarmi. Quando i nostri genitori ci hanno regalato un deriva passavamo intere giornate a veleggiare (e scuffiare) nel golfo del Tigullio. Uscivamo sempre, anche se c’era cattivo tempo; in quei giorni mia mamma mandava qualcuno a seguirci con il gommone per controllarci.
Dopo la maturità sono andata a studiare a Losanna, in Svizzera. Mi sono laureata, mi sono sposata e per tanti anni non sono più andata in barca. Sono diventata psicologa psicoterapeuta e in Belgio ho approfondito studiando sessuologia. Rientrata a Milano ho lavorato in un centro di fertilità dove mi sono occupata dell’aspetto psicologico dei percorsi dei pazienti. Avevo un lavoro molto bello, appassionante e di responsabilità.
Quando hai iniziato a pensare di voler cambiare vita?
Mia mamma è morta quando avevo 44 anni, l’anno dopo mi sono separata e ho traslocato. È stato un periodo duro e proprio in quegli anni mi sono riavvicinata alla vela. Ho conosciuto Orza, una scuola a Monza, e con loro ho ricominciato ad andare in barca e ho completato il percorso per diventare istruttrice.

All’inizio navigavo solo durante le vacanze perché il mio lavoro richiedeva presenza e costanza, ma la nostalgia del mare era sempre più forte. Mi è sempre piaciuta la vela d’altura e dovevo trovare una soluzione al più presto perché mi serviva tempo e una buona forma fisica. Non potevo aspettare la pensione, dovevo mollare il lavoro e vivere di vela. Il cambio però è stato graduale: ci ho messo anni per concludere i percorsi con i pazienti di cui mi stavo occupando e riorganizzarmi. Ho aumentato sempre di più la collaborazione con Orza, fino a farla diventare il mio unico lavoro. Il cambio completo è arrivato nel 2001, a 51 anni.
Andare per mare e insegnare sono due cose diverse, ti piacciono entrambe?
Sì, amo insegnare. Mi piace stare con i miei allievi, non mi annoio mai, neanche quando si tratta di corsi principianti. Insegno anche in crociera: magari a bordo non ci sono velisti, ma se qualcuno ha piacere di imparare qualcosa, io spiego volentieri. Non per forza tutti dobbiamo diventare marinai, si può anche solo imparare come stare a bordo e godersi una navigazione più consapevole.
I miei preferiti restano comunque i corsi d’altura dove incontro persone appassionate che si vogliono mettere in condizioni impegnative. In quelle occasioni non si impara solo come stare al timone, ma anche a fare cambusa, gestire la barca e organizzare una navigazione di più giorni senza toccare terra.

Riesci sempre a farti rispettare come skipper?
Sono molto decisa, ma faccio il possibile perché in barca ci sia una buona atmosfera. Non si può essere democratici in barca, ma fare sempre il generale cattivo non è la mia soluzione (anche se a volte sarebbe più facile). Cerco di trovare un equilibrio tra l’essere gentile e simpatica, per creare un ambiente collaborativo e la fermezza necessaria quando ci sono decisioni importanti da prendere. Credo che le persone capiscano questo mio atteggiamento e raramente ho avuto problemi.
Trovo che in questo approccio abbia molto in comune con il tuo lavoro precedente.
A me piacciono molto le persone, sono convinta che in ognuno ci sia una parte meravigliosa e cerco di mettermi in contatto con quella, perché possa esprimersi in barca. Non è facile, non funziona sempre, ma quando funziona è molto bello.
Hai scritto anche un libro sulle tue esperienze per mare: I piaceri della vela!
Il libro arriva dall’abitudine che hanno molti marinai di tenere un diario con le avventure che capitano per mare. Io ho scelto di non raccontare le grandi navigazioni ma i piccoli guai. Anche i problemi fanno parte del percorso: il motore che si rompe, una vela che si strappa, il wc che si intasa. Ho scelto di condividere le mie esperienze in chiave ironica perché nonostante le disavventure mi sono sempre divertita. La vela non va idealizzata, non è solo vacanza, ci sono tantissimi problemi da risolvere, ma nonostante questi guai per me rimane una bellissima avventura.
Oltre a insegnare in Mediterraneo hai navigato anche in Oceano.
Quando ho mollato il lavoro credevo che avrei passato molto tempo a bordo, magari anni, in cui immaginavo di navigare e fare charter. Sul più bello però ho conosciuto il mio nuovo compagno. Non è un velista e non è interessato alla vita nomade, ma ci vogliamo molto bene e abbiamo trovato un buon compromesso che dura da tempo. Passo diversi mesi all’anno per mare e poi rientro. In questo modo ho attraversato l’Atlantico quattro volte e vissuto anche l’avventura del Pacifico, navigando da Panama fino in Australia.
Poi è arrivato il covid che ha rovinato i piani.

Che cosa è successo?
Per me è stato un momento molto difficile. La barca che avevamo portato in Australia avrebbe dovuto continuare a navigare tra Indonesia e Thailandia, attraversare l’Oceano Indiano e rientrare. Avrei così completato il progetto di fare il giro del mondo. Purtroppo le chiusure in Australia si sono allungate molto e, senza poter organizzare charter o corsi, il progetto non era sostenibile, così la barca è stata venduta. Ho dovuto rinunciare a un sogno e non so se riuscirò più a realizzarlo.
Che progetti hai per il futuro?
Ho 73 anni, non ho sogni rimandati alla pensione, perché ho avuto la fortuna di poter fare quello che mi piaceva. A vent’anni non sapevo che avrei potuto scegliere questa vita, ho seguito un percorso che credevo obbligatorio, ma ho fatto in tempo a cambiare e realizzare tanti desideri. Ora conto di andare per mare finché riesco, finché trovo qualcuno con cui navigare e magari fare quell’ultimo tratto di Oceano Indiano che mi manca.
Le foto di questo articolo sono di Nicoletta Meregaglia, che ringrazio per il tempo e i racconti di mare che ha condiviso. Buon vento.