Una grande passione per il mare unita all’amore per la storia classica: così è nato l’itinerario di Marco in Mediterraneo, sulle tracce della cultura ellenica.
L’avventura in Mediterraneo è del 2021 ma tutto è iniziato molto prima.
Sì, avevo circa 16 anni quando ebbi il permesso di usare in autonomia il gozzo che i miei nonni avevano sul golfo di Napoli. Era una bagnarola, c’erano sempre guasti, ma mi permetteva di passare le giornate per mare. Avevo però limiti ben precisi da rispettare: non oltrepassare quella punta, torna presto, se è nuvoloso non ti allontanare. Mi sentivo in libertà vigilata e sognavo di oltrepassare la linea dell’orizzonte per andare a vedere terre a me sconosciute come la Sicilia o magari la Grecia.

Da bambino avevi già il desiderio anche di vivere in barca?
In quel periodo iniziai ad amare la vita di porto, i ritmi del mare, gli intrecci di persone che vanno e vengono. Camminavo per i moli e osservavo le barche facendo nella mia testa delle classifiche: quelle adatte a navigare lontano, quelle da sistemare, quelle con cui sarei partito subito. Anche mia sorella più piccola fantasticava con me e sognava una barca piccola con un sottocoperta per poterci dormire. Ho sognato fino a che ho compiuto 18 anni, poi ho iniziato a fare progetti.
Qual era il piano?
Da una parte sapevo che mi serviva una barca e che, insieme all’università, dovevo lavorare per mettere da parte dei soldi. Dall’altra dovevo fare esperienza e mi sono avvicinato all’acqua in tutti i modi che potevo: nuoto, surf, corsi di vela e infine anche la patente nautica. Poi qualche imbarco per cominciare a fare miglia.

Quando hai pensato che la barca potesse essere anche la tua casa?
Per natura, se posso, evito la città e preferisco il mare. Quando iniziai il dottorato a Pisa sapevo che sarei rimasto fermo per almeno tre anni. Ero socio della Lega Navale di Pisa e l’ambiente mi piaceva molto, così invece che cercare casa, cercai un barca. Era il posto più vicino al mare che potessi trovare.
In un film della regista Varda un personaggio dice: “è importante stare sempre vicino al mare, il mare è l’elemento dell’amore, lo dicono i greci: afrodite è emersa dal mare”
Che barca hai scelto?
Mi piacciono le barche classiche e ho scelto un Arpège del 1973. È stabile, ne ho viste navigare anche in Atlantico e mi è sembrata un buon compromesso. Quando la comprai sembrava che fosse tutto in ordine, ma avevo occhi inesperti. Usandola scoprii di dover rifare quasi tutto: la batteria stava ossidando, il legno stava marcendo, qualsiasi cosa toccassi si rompeva.

Ho potuto dedicarci tanto tempo grazie al periodo di lockdown del 2020: ero costretto a stare in barca, così dedicavo ogni pausa dallo studio alle sistemazioni. Ci ho lavorato tanto e finalmente, dopo tre anni, credo di aver riparato tutto quello che mi interessa. Tuttora vivo a bordo, non è sempre facile ma amo la vita semplice e ci sto bene.
Qual è stata la tua prima meta?
La prima estate con la barca ho navigato fino in Sicilia, volevo realizzare il desiderio di superare quell’orizzonte che mi era stato vietato da ragazzo. L’estate successiva, invece, ho organizzato un lungo viaggio fino in Grecia. Nel mio percorso di studi mi sono appassionato alla storia antica e alla filosofia, volevo andare di persona a vedere queste terre arrivando dal mare.
Com’è andata la tua avventura nei mari di Ulisse?
Sono partito a giugno da Pisa e avevo davanti tutta l’estate. In alcuni tratti ho navigato con le mie sorelle o amici, altri li ho fatti da solo. È stata una bella avventura, anche se in alcuni momenti mi sono trovato in difficoltà.

Cosa ti ha messo più alla prova?
Credo di aver sottovalutato il Meltemi. Fino alle isole a sud di Atene è andato tutto liscio; da lì in poi il vento ha messo a dura prova me e la barca. Ormeggiare da solo magari di notte non è facile. Ad Andros l’ancora non ha tenuto probabilmente per colpa delle raffiche violente arrivate all’improvviso. A Mykonos mi aveva raggiunto un amico per la sua prima esperienza in barca e si è trovato a navigare con due metri d’onda. Navigando verso Ikaria si è strappata la randa. A Samos il water si è intasato e la pompa della sentina non funzionava.

Ero davanti alle coste turche, nel punto più lontano del mio viaggio e mi aspettavano ancora 1500 miglia per tornare a casa, per di più in agosto, mese in cui il Meltemi è più intenso. Ho pensato che forse la soluzione migliore sarebbe stata lasciare la barca lì e tornare a prenderla l’anno successivo. Poi mi sono dato da fare, ho trovato i pezzi per le riparazioni, al porto mi hanno aiutato molto e ho affrontato anche il ritorno.
Ti ritieni soddisfatto o ti è rimasto qualche altro orizzonte da superare?
Ho solo iniziato. Di sicuro vorrei tornare in Grecia, ma anche esplorare il nord Africa e continuare a seguire le orme dei cartaginesi. Per l’Atlantico sento che mi manca ancora molta esperienza da fare, quindi non lo metto ancora tra i progetti, ma resta nella lista dei desideri.

Le foto di questo articolo sono di proprietà di Marco Martinez.