Apri Google Maps e cerca l’atollo di Fakarava, poi fai zoom indietro e vedi quanto mare c’è attorno. Jasna mi ha risposto da lì: per lei era mattina presto, per me pomeriggio tardi e grazie a una connessione internet sorprendentemente stabile abbiamo parlato della sua passione per la vita in barca e del suo libro Un oceano di emozioni, Edizioni il Frangente: il diario di bordo della traversata del Pacifico affrontata nel 2014.
Chi non conosce l’Oceano potrebbe immaginarlo monotono e noioso. Tu invece hai scelto di dedicargli un libro. Cosa ha significato per te?
L’oceano è potente perché tira fuori la verità. Non ci sono filtri o mezze misure, non puoi fare finta, sei nuda, senza maschere. Proprio perché non c’è niente da fare e niente da vedere sei al centro del vuoto, in contatto con te stessa. Tutte le emozioni sono potenziate al massimo.

Come sei arrivata a imbarcarti in quest’avventura?
Sono di Sistiana, quindi il mare fa parte di me da sempre. Da bambina andavo sugli optimist e ho continuato fino a diventare istruttrice FIV nel 2002. Per i miei studi universitari ho vissuto a Lubiana e dopo la laurea ho iniziato a insegnare come maestra alla primaria. Dopo un anno in una scuola dell’entroterra sloveno ero riuscita a farmi assegnare un posto nella città litorale di Isola, in una scuola vista mare.
Quando la preside mi propose un contratto a tempo indeterminato, però, andai in crisi. Non volevo fermarmi, non era quello che desideravo, avevo bisogno di capire che cosa volevo davvero per il mio futuro. Decisi di prendermi un anno sabbatico e partire.
Nelle pagine del libro in cui accenni a questo periodo della tua vita, scrivi che non eri felice. Cosa non funzionava?
Nonostante io amassi molto insegnare, il sistema scolastico era molto rigido. Avrei potuto forse cambiare lavoro, ma sapevo che non era l’unico motivo di insoddisfazione. Sentivo un forte bisogno di cambiamento anche se non sapevo in che direzione. Per questo ho scelto di allontanarmi. Il viaggio per me è sempre una buona soluzione per prendersi del tempo e guardare i problemi da lontano, in prospettiva. È un consiglio che do spesso: quando sei in dubbio, se non sai cosa fare, parti.
Qual era l’idea iniziale del viaggio?
Pensavo di stare via sei mesi: zaino in spalla sono andata in Thailandia, poi Malesia e Indonesia. Da lì sono passata in Australia, dove inizia il racconto del libro. Lavoravo ad un festival musicale quando trovai l’annuncio di Rick, uno skipper che offriva un imbarco per andare da Brisbane a Sydney.

Dovevo restare in barca con lui poche settimane, ma ci siamo innamorati e abbiamo navigato insieme nove anni. I primi due anni li abbiamo passati lungo le coste australiane, ma avevamo in progetto lunghe navigazioni e ci serviva una nuova barca. L’abbiamo trovata in Messico: Calypso, una Hans Christian 36.
Che rotte avete percorso?
Abbiamo passato tre anni sulla costa occidentale del Messico a navigare, prendere confidenza con la barca e fare tutti i lavori necessari per renderla adatta alle avventure che avevamo in mente. Volevamo attraversare il Pacifico ed esplorare quella parte di mondo con calma.

Molte barche restano in quella zona una stagione; noi ci siamo stati cinque anni. Nel 2018 è finita la nostra avventura e anche la nostra relazione; alle Fiji abbiamo venduto la barca. Però io avevo ormai capito di non poter fare a meno del mare, così ho continuato a navigare. Mi sono resa conto di conoscere meglio le baie di Bora Bora che quelle croate, e sono rientrata con il nuovo obiettivo di esplorare per bene il nostro Mediterraneo. Negli anni però ho coltivato molte amicizie sparse in giro per il mondo e quando qualcuno ha bisogno di un aiuto o di compagnia sa che può chiamarmi. Come ora, per esempio: un amico che è dovuto rientrare a casa per qualche mese mi ha chiesto di prendermi cura della sua barca ancorata a Fakarava.
Come si lavora per sostenere una navigazione così lunga?
Ci sono tanti modi di vivere in barca e il budget necessario varia tra diverse migliaia di euro a poche centinaia. Il nostro stile di vita nei tropici richiedeva circa 600€ al mese in due esclusa la manutenzione straordinaria, ma conosco anche coppie che vivono con meno. I soldi per vivere non sono un problema, costa di più la vita a terra che in barca. La cosa più cara quando navigavo nel Pacifico erano i biglietti aerei per tornare in Italia, ogni volta che tornavo dovevo trovare il modo di pagarmi il volo. Se tornavo in estate facevo un periodo di scuola vela, se tornavo in inverno facevo serate presentando i miei viaggi. Durante quegli anni ho cominciato a scrivere e visto che a molti piaceva leggere le mie storie, allora ho continuato ed è diventato un lavoro.

Scommetto che in tanti ti dicono: beata te che vivi sempre in vacanza!
Ho sempre raccontato sia i pro che i contro della navigazione. Difficilmente ho foto di quando sto male o di un momento difficile in barca, ma se ne ho l’occasione lo racconto. E infatti le mie amiche mi dicono sempre: “belli i tuoi viaggi, ma io non lo farei mai.”
Quando mostro in che condizioni si lavora o si fa manutenzione in barca la domanda che mi fanno più spesso è: “ne vale davvero la pena?” La mia risposta è: dipende. Per la maggior parte delle persone probabilmente no. Devi lasciare a casa molte comodità e quello che trovi in barca deve essere per te molto importante. Per me vivere in barca equivale alla totale libertà, e questo per me è così importante che sono pronta a rinunciare a tantissime cose. Ma capisco che non sia così per tutti.

Quindi non solo spiagge bianche, palme e tramonti, ma anche fatica, lavoro, paure. In particolare nel libro racconti di come le paure cambiano durante il viaggio.
Prima di partire temevo molto la stanchezza, se sei esausta aumenta il rischio di sbagliare. Dopo tante miglia però ho imparato a conoscermi e a sapere come riposarmi e stare bene. Durante la navigazione le bonacce mi hanno messo alla prova più delle tempeste. Se ci pensi anche durante il lockdown che abbiamo affrontato ci chiedevano solo di stare a casa eppure è stata dura, perché è difficile accettare la differenza tra quello che desideriamo e ciò che ci offre la realtà. Dopo tanti anni di navigazione, però, la paura che resta è quella di un’avaria della barca o una collisione.
Ora che sei tornata, hai capito di cosa avevi bisogno quando sei partita?
Mi sono resa conto che soffrivo le aspettative che la società e le persone avevano per una donna di quasi 30 anni. Mi sentivo fuori posto perché per me non era importante avere un lavoro fisso, una casa, non desideravo dei figli.
Vivendo in barca ho scoperto che esiste un’alternativa. Ho conosciuto altre persone simili a me e mi sono sentita finalmente parte di una comunità – il popolo del mare – con cui condividere i miei valori. Nessuno bada a come ti vesti, alle rughe, al tuo percorso. Vai bene così come sei.
Ora che mi conosco meglio posso stare bene anche a Sistiana, se qualcuno mi considera strana non è più un problema. Ho visto molti modi diversi di vivere, ognuno è valido e sono più sicura di me e delle mie scelte.
Com’è tornare a navigare nel golfo di Trieste?
Amo molto i luoghi di casa e stare a lungo lontana mi ha permesso di apprezzarli ancora di più. Per quanto riguarda la navigazione invece preferisco lo stile che ho imparato all’estero. Da noi la vela è soprattutto sportiva, ci si agita per la regata, spesso si urla e si crea un ambiente teso che non aiuta chi deve imparare. Un bravo comandante deve saper portare la barca anche da solo e non ha bisogno di agitarsi e sgridare l’equipaggio.

Mi piace andare in barca con tranquillità e sicurezza. Chi naviga con me deve godersi il mare e sono convinta che si impara di più divertendosi. Oltre alle classiche manovre dedico molta attenzione alla sicurezza. L’Oceano mi ha insegnato a rispettare e temere il mare e non credo che navigare in Mediterraneo ci autorizzi a sottovalutare i rischi. Mi piace insegnare e quando sono a Sistiana organizzo sia uscite giornaliere che fine settimana di scuola vela.
Che progetti hai per il prossimo futuro?
Appena torno devo dedicarmi un po’ alla mia barchetta per prepararla per la stagione e poi mi aspettano tante serate di presentazione del mio libro. Sta per uscire la versione italiana del mio libro sulla Polinesia e devo terminare di scrivere l’ultimo libro, iniziato proprio qui a Fakarava. Passerò quindi i prossimi mesi tra il cantiere e il computer, poi quando arriverà il caldo ricomincerò con le i corsi di vela che mi danno tantissime soddisfazioni. Di progetti ne ho fin troppi, quello che a volte manca è il tempo, ma quando faccio ciò che amo non mi pesa lavorare dall’alba al tramonto, anzi, mi riempie di energia.

Le immagini di questo articolo sono di proprietà di Jasna Tuta che ringrazio per avermi permesso di usarle. Puoi vederne altre e seguire i suoi viaggi sul sito, sulla sua pagina Facebook o profilo Instagram.