Avevo contattato Valentina Rinaldi ancora a maggio, ma per colpa di qualche imprevisto abbiamo rimandato l’intervista all’autunno. È passato solo qualche mese: per Valentina sono cambiate molte cose, ma non l’entusiasmo per la vita di mare.
Valentina, gli ultimi mesi hanno portato nuove prospettive e nuovi progetti, ma prima di arrivarci mi piacerebbe partire dall’inizio: quando è scattata la scintilla per la vita di mare?
Ho avuto la fortuna di avere un nonno che sapeva andare in barca e mi portava con sé. Avevo sei anni, uscivamo a Fiumicino con la barca di un suo caro amico, una bellissima Orca 43. Ricordo che le prime uscite non furono idilliache perché soffrivo molto di mal di mare, ma per me era comunque tutto molto affascinante. Da più grande feci qualche crociera con i genitori, ma la vera scintilla scoccò a 18 anni quando passai due settimane in Croazia in giro per le isole Kornati con mia cugina e suo marito, marinai appassionati. Lì scoprii la sensazione di libertà che mi dava la vita di mare: niente porti, niente lussi, sempre scalza. Capii che quello stile di vita faceva proprio per me.

Dove hai imparato a navigare?
Dopo quell’esperienza decisi d’imparare ad andare a vela. Iniziai facendo qualche uscita sportiva con la barca di un amico e poi frequentando delle scuole di vela tra la Sardegna e il Lazio. I corsi di vela mi permisero di fare un grande salto di qualità: regate, navigazioni lunghe, uscite in tutte le stagioni. Dopo 10 anni di vela a livello sportivo, durante una lezione conobbi Stefano, che era già skipper e che mi coinvolse in alcuni suoi charter. Da lì la mia passione divenne anche il mio lavoro.
Come vi è venuto in mente di andare a vivere in barca?
Lui era già immerso nel mondo della vela, io sognavo una vita libera e un po’ fuori dagli schemi. Dopo un anno di frequentazione, quando arrivò il desiderio di vivere assieme, venne quasi naturale pensare di trasferirsi in barca. Ci abbiamo vissuto per 15 anni.
Una curiosità (mia e di molti): che lavoro fanno le persone che vivono in barca?
Ognuno trova soluzioni diverse. Noi per i primi 5 anni abbiamo scelto il porto turistico di Roma perché io nel frattempo continuavo a studiare all’università. Durante l’anno facevamo scuola vela con la nostra barca e d’estate partivamo per imbarchi armatoriali nel Mediterraneo, lui come skipper, io come marinaia. A volte insieme, a volte su imbarchi diversi.
Poi ci siamo trasferiti alle Baleari su una bellissima barca storica di 72 piedi che in passato aveva fatto il giro del mondo. I proprietari erano dei nostri amici che non avevano risorse per sistemarla, noi le abbiamo dato una seconda chance e per 5 anni è stata sia casa che lavoro. Sono stati anni bellissimi, ma una barca in legno ha una manutenzione molto costosa. Abbiamo così deciso di passare a una barca in vetroresina, più piccola ma finalmente di proprietà. Dopo aver comprato Holy Blue nelle Marche siamo andati per qualche anno a vivere e lavorare in Grecia.

Come sono stati questi anni di vita nomade?
Mi sono sentita molto libera. Lavoravamo senza sosta durante la stagione turistica, ma riuscivamo a risparmiare per goderci la vita per mare d’inverno. È un modo di scandire il tempo comune tra chi naviga e mi si addice molto, è perfetto per me che amo viaggiare per lunghi periodi.
Baleari, Grecia e poi?
L’idea era di tornare di nuovo alle Baleari, ma abbiamo fatto una lunga fermata in Adriatico: il tempo di partecipare a una Barcolana e di tornare da un imbarco in Costa Azzurra e ci siamo fatti sorprendere dal lockdown del 2020 a Marina di Ravenna.

Ora non vivi più in barca.
No, dopo il lockdown ho fatto base in Toscana. Da quest’estate inoltre la relazione con il mio ex compagno è finita.
Come ti stai riorganizzando?
Dopo quasi 18 anni di convivenza la vita va un po’ riorganizzata, ma sono piena d’idee e di energie come se stessi vivendo una seconda giovinezza. Ora sto lavorando con un imbarco annuale che mi impegna nei weekend e qualche settimana d’estate, ma mi lascia molto tempo durante la settimana per altri progetti. Con una mia cara amica stiamo pensando di creare una realtà che si occupi della cura delle barche da terra. Mi sento forte delle mie capacità e della mia esperienza di tanti anni per mare.

In passato la nautica è stato un ambiente prettamente maschile, ma i tempi sono cambiati. Conosco molte donne che ci lavorano con professionalità e spesso più cura, passione e dedizione degli uomini. Sarà carattere, sarà la formazione che ti dà la vita per mare, sono tutte donne forti e molto competenti. Spero che ci sia sempre più spazio per tutte.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Per come sono fatta continuerò a portare avanti tante cose insieme, ma sicuramente continuerò ad imbarcarmi. Non ho mai pensato nemmeno per un attimo di smettere: questa è la mia vita e la mia droga, Mi fa sentire libera. Il mio sogno è sempre quello di fare il giro del mondo e ultimamente mi è stato anche proposto, ma nel frattempo sto cercando una barchetta da comprare tutta mia per uscire con le amiche e godermi lo splendido mare toscano.

Ci sono stati momenti per mare in cui le cose si sono messe male?
Mi sono capitate esperienze difficili, ricordo una navigazione complicata nel Golfo del Leone con 55 nodi in un novembre di diversi anni fa. Ma non ho mai avuto paura e non ho mai pensato di aver sbagliato strada. Quando mia mamma si preoccupa e mi dice che ho scelto una vita rischiosa le dico che se dovesse succedermi qualcosa, succederà mentre sto facendo una cosa che amo.
Qual è stata l’ esperienza che più ti ha fatto sentire nel posto giusto?
L’imbarco di due anni fa in Grecia è stato uno dei periodi di navigazione per me più belli. Ero su una barca stupenda, con un capitano capace e che si fidava molto di me e mi lasciava spesso e volentieri il comando. Lì ho sperimentato la piena soddisfazione, mi sono detta che il mio è lavoro più bello del mondo.