Vincenzo sta realizzando il suo sogno di vivere in barca un passo alla volta: lascia andare oggetti superflui e vecchie abitudini per progettare il futuro per mare. L’ho intervistato a marzo 2020, durante la quarantena, e questo è quello che mi ha raccontato con sottofondo di onde in banchina.
Vincenzo, mi racconti come sei organizzato in questi giorni di chiusura?
Vivo sulla mia barca ad Ancona. La città ha un marina principale molto grande, ma io ho scelto di stare nel porto antico. Ho la fortuna di poter usare uno dei pochi ormeggi alla Mole Vanvitelliana: una sorta di castello che un tempo serviva ad accogliere e tenere in quarantena le persone che arrivavano dal mare. Viene chiamato anche il Lazzaretto… ironico in questo momento no? È il posto ideale dove starsene isolati.
Da dove arriva la decisione di abitare in barca?
Era un progetto che avevo con mia moglie. Ci siamo conosciuti da ragazzi, andavamo in barca con amici ma ci dicevamo che le barche costano; è un mondo che da fuori fa un po’ paura. Per anni abbiamo lavorato e messo da parte un po’ di risparmi per una piccola barchetta da vacanze in Adriatico. Poi, iniziando a frequentare di più l’ambiente, abbiamo scoperto che c’era chi viveva in barca e per noi si è aperta una possibilità affascinante. Nel frattempo era nato nostro figlio Riccardo e abbiamo posticipato i grandi viaggi a quando saremo stati più liberi. Immaginavamo i nostri 50 anni, Riccardo all’università e noi sulla nostra barchetta. Avevamo anche trovato la barca giusta e versato un acconto per comprare Stella del Mare: poco meno di 10 metri, usata ma come nuova. Poi lei si è ammalata e ora non c’è più. L’ho persa dopo 2 anni di malattia e per un bel po’ non ho più pensato al progetto barca.

Cosa ti ha fatto tornare la voglia di navigare?
Dopo circa un anno, gli amici con cui condividevo la passione per il mare, mi spinsero a tornare in acqua. E per fortuna. Iniziai a usare la barca con mio figlio: abitavamo in appartamento ma appena potevamo uscivamo, tutti i fine settimana, tutte le vacanze. Poi lui è cresciuto e ha scelto di frequentare le scuole superiori a Latina, dove c’è mia mamma. Non potevo trasferire il mio lavoro e così ci siamo organizzati su due coste: quando sto con lui a Latina sono in appartamento, ma ad Ancona sto in barca. Metà vita sul Tirreno, metà in Adriatico. La barca è diventata la mia casa e la mia normalità: quando sto a Latina potrei mettermi comodo, usare un armadio per le mie cose, ma sono talmente a mio agio con lo stile da barca che mi basta la mia borsa.
Vivi in barca ma lavori a terra, giusto?
Si, sono un infermiere, mi sono formato in area critica e poi mi sono specializzato negli anni in ambito pediatrico; seguo soprattutto bambini con malattie genetiche rare. Ho aperto la partita iva, sono un libero professionista e posso organizzarmi con dei periodi più carichi di lavoro per avere poi più giorni liberi. È indispensabile adesso per passare più tempo possibile con mio figlio. Poi d’estate anche lui si trasferisce da me e stiamo insieme, abbiamo tutta la riviera del Conero a poche miglia con posti bellissimi. Abbiamo navigato per tutto l’Adriatico e Grecia Ionica. E poi c’è la Croazia, adesso almeno 2-3 volte l’anno faccio la traversata e spesso lui mi segue.

Cosa dice tuo figlio di questo stile di vita?
Non ci fa caso, l’ho sempre portato in mare e comprai questa barca quando lui aveva quasi 6 anni, alla fine ci è cresciuto. Ha vissuto anche lui periodi con me in barca, sa che non ci sono difficoltà e che l’essenziale c’è, anche se mancano altre cose di cui un ragazzo della sua età avverte il bisogno: la playstation, il televisore, gli amici. Mio figlio considera la vita in barca come una cosa normale, ma in questa fase della sua vita non gli appartiene. Lui a 14 anni ha scelto di stare in casa, vicino agli amici, ha una band e suona la batteria, sarebbe difficile da tenere a bordo… È una persona diversa da me: io sono il padre e gli sto vicino ma non deve fare quello che faccio io, non posso imporre a lui la mia vita. Abbiamo passato dei periodi di profonda sofferenza e oggi ci prendiamo cura uno della felicità dell’altro.

Se fai un paragone tra lo stile di vita prima e dopo il trasferimento in barca, cosa noti?
Dal punto di vista pratico non è cambiato molto. Io non sono del tutto un marinaio, sono ancora molto terrestre. Mi sono avvicinato a questo mondo come diportista; vivere in barca qui significa vivere in banchina, avere acqua, corrente, volendo le docce del marina; non ha niente a che vedere con chi sceglie di vivere navigando per mare. Noto però due cose: non ho più l’ansia di avere cose, l’essenziale mi basta. L’altra grande differenza è l’atteggiamento verso il futuro. La mia casa galleggia, non ho più vincoli fisici o mentali legati a un posto. Posso immaginare il futuro il tanti luoghi.

Dove andrai? Hai già qualche idea?
Ci sto pensando. Adesso voglio ancora dedicarmi al mio lavoro e alla condivisione di questo pezzo di vita con mio figlio, ma ci lavoro già, per accumulare esperienza e per essere pronto dal punto di vista economico. È inutile negarlo, il sogno di chi naviga è godersi il mare senza avere vincoli di lavoro a terra. Chiedo informazioni a chi lo ha già fatto, ne parlo spesso con il commercialista, insomma mi sto preparando seriamente per avere una piccola rendita affittando il mio appartamento e qualche altro piccolo lavoro per integrare. Vorrei passare del tempo in Grecia, al momento il Paese dove questo questo stile di vita sembra più sostenibile. Non mi definisco nemmeno velista, non sono uno che fa attenzione alla performance. Però l’idea di viaggio mi affascina, soprattutto per mare. Non è che uno deve partire e non tornare più, anche Ulisse ha fatto ritorno no? Però vorrei avere il bello davanti gli occhi per la prossima parte della mia vita. E magari chissà, riuscire a condividere tutto questo un giorno con la mia nuova compagna. Solo immaginarlo vale l’investimento.

Che consigli dai a chi vuole fare come te?
Dare consigli è difficile, si possono seguire dei modelli, però uno deve capire cosa cerca. Anche sui gruppi on line cui partecipo mi fanno delle domande, spesso in privato perché c’è timore a chiedere: quanto spendi? quanto costa l’ormeggio? Io rispondo sinceramente che sì, si può fare, ma spesso dipende da cosa vuoi: navigare? stare al porto? partire per sempre? Quanto puoi rinunciare alla comodità? Io dico di fare degli esperimenti. Prima delle lunghe vacanze, poi magari l’acquisto di una barca piccola che non impegni troppi soldi su cui magari fare dei lavori. Questa scelta comporta una rinuncia di beni; secondo me viene più facile quando hai già la nausea di certe dinamiche. Credo che aver attraversato momenti difficili nella mia vita mi renda più facile affrontare il cambiamento.
Qual è l’ostacolo più grande?
Capire che non è una lunga vacanza ma un nuovo stile di vita. Pochi pensano alla vita in barca d’inverno. Non è facile. A parte il freddo, quando qui arriva il grecale si balla. Con 3 gradi di notte sotto la pioggia capita di doversi vestire e uscire anche solo per sistemare due parabordi che sono saltati. E poi tornare a dormire perché il giorno dopo devi lavorare. Non è che quando c’è brutto tempo vado in albergo, è questa casa mia. Si crea un legame speciale con la barca: non è più solo un mezzo, è una compagna che ti parla. Mi mettevo a ridere quando mi raccontavano queste cose, invece no, è vero. Conosco ogni minimo scricchiolio di Stella, so a cosa è dovuto ogni piccolo rumore. E se ce n’è uno nuovo allora rizzo le antenne per capire se c’è qualcosa che non va. E a tutto questo ci si affeziona.

Hai una pagina su Facebook dove racconti i tuoi panorami, ti va di parlarne?
Di solito non amo molto parlare di me e della mia vita privata. Faccio delle eccezioni quando quello che racconto può essere utile a qualcuno. “In viaggio con Stella”è una pagina nata per condividere con alcuni miei pazienti-amici i posti che vedo andando in giro per mare. Tra di loro alcuni non possono muoversi da casa, dipendono da ventilatori o ausili meccanici e non hanno contatti con l’esterno. All’inizio avevo vergogna di raccontare quello che facevo, mi sentivo un privilegiato. Invece qualcuno di loro mi ha detto: “Quando ci racconti qualcosa della tua vita, ci fai un regalo, anche solo sentire che sei in barca a fare il bucato, per noi è una finestra sul mondo”. Così è nato questo diario di bordo virtuale, che per ora non è un’avventura su terre lontane, ma un racconto per farli stare con me qui in Adriatico o poco oltre. Qualcuno riconosce i luoghi e si emoziona.
Allora ti seguirò lì anch’io per avere una finestra sul mare di tanto in tanto.
Va bene, ma non aspettarti cose sensazionali. Io ti racconto la verità con foto e qualche descrizione, non sono un romanziere. Amo i viaggi e il mare ma l’unica cosa che posso raccontare è il mio modo alternativo per abitare il mondo. Ci sono delle difficoltà, ma vivere in barca e navigare è sempre stata una bella metafora della vita, dove non ci sono scuse per non provare a realizzare i propri sogni.

Tutte le foto di questo articolo sono di proprietà di Vincenzo Avanzolini che ringrazio per aver condiviso nell’intervista emozioni e momenti intensi.