Una famiglia che vive in barca a vela: intervista per capire come traslocare in barca con i figli e i gatti.
Fabio sta aggiustando l’autopilota della barca in Grecia; Marina è con i bambini per qualche tempo in Italia, finché le riparazioni saranno terminate. Chiacchiero con lei quasi un’ora e mi faccio raccontare come le è venuta questa idea di partire. Ha la voce entusiasta, anche quando racconta la fatica. Dopo poche frasi è lei che fa una domanda a me:
Mari, ma secondo te, cosa significa normale?
Marina, qual era la situazione prima di iniziare quest’avventura?
Abitavamo a Novara. Io ero store manager per una catena di abbigliamento da uomo. Un bel lavoro ma che mi impegnava fino a tardi e spesso anche nei fine settimana e nelle feste. Fabio faceva l’informatico con orari da ufficio, una vita normale che fanno tutti. Se possiamo considerare normale stare chiusi in ufficio o negozio gran parte della giornata.
Che cosa di quella vita non vi piaceva?
La verità è che avevamo una bella vita, però passavamo poco tempo tutti insieme. Dico spesso – scherzando ma non troppo – che bisognerebbe stare in pensione finché i figli sono piccoli e lavorare dopo.
La passione per la vela c’era già?
Mi chiamo Marina e questo potrebbe bastare. Tutti i miei momenti liberi, fin da piccola sono sempre stati al mare: nuoto, apnea, camping nautico. La vela però non l’avevo mai provata. Poi ho conosciuto Fabio. I suoi genitori hanno una piccola barca a vela da regata al Lago Maggiore, che era diventata il nostro punto di riferimento nei fine settimana. Anche per una sola sera, anche in inverno, eravamo lì; praticamente una seconda casa.
La prima barca veramente nostra è stato un gommoncino per andare al mare in Sardegna. La gioia e la libertà che provavamo durante le nostre avventure estive durava sempre troppo poco. A Novara si stava bene: casa, due buoni lavori, una città a misura d’uomo dove si può girare in bici. L’unico difetto di Novara è che non c’è il mare.
Quando è arrivata l’idea di portare tutta la famiglia a vivere in barca?
Il progetto era di vendere la casa, usare parte dei soldi per comprare una barca usata, e l’altra parte per permetterci di viaggiare un paio d’anni. Ne abbiamo parlato per tantissimo tempo, finché un giorno ho detto: “Facciamo una prova. Fissiamo il prezzo che vogliamo noi e mettiamo in vendita la casa. Non abbiamo fretta, se è destino prima o poi accadrà.” L’abbiamo venduta dopo 4 giorni. Per fortuna gli acquirenti non avevano fretta e abbiamo avuto un paio di mesi per cercare la barca e occuparci delle questioni burocratiche.

Come avete organizzato il cambiamento e poi il viaggio?
La questione più urgente era trovare una barca. Ci siamo fatti una cultura on line e ne abbiamo scelte 4 da vedere. Gentilina era fuori dal nostro budget, ma abbiamo deciso di andarla a vedere lo stesso e, ovviamente, ce ne siamo innamorati. Anche qui abbiamo lasciato fare al destino: abbiamo fatto la nostra migliore proposta e incrociato le dita. È andata bene anche lì.
Fabio è stato il primo a trasferirsi in barca per fare dei lavori. Io nel frattempo ho svuotato la casa, venduto quello che si poteva, regalato il resto. Avevamo due gatti, ma non abbiamo avuto dubbi: fanno parte della famiglia e hanno traslocato assieme a noi. A novembre 2017 eravamo tutti in barca, a gennaio 2018 siamo partiti verso sud. L’idea era quella di visitare la Grecia per poi fare rotta verso le Canarie, ma dopo un inverno passato in mare ci siamo sentiti così a casa a Corfù, in mezzo a tante altre famiglie con bambini che vivono in barca, che siamo rimasti.

I bambini come l’hanno presa?
Leilani è piccola e per lei è tutta una grande festa con i genitori. Valerio è stato coinvolto fin dall’inizio. In fondo abbiamo fatto questa scelta per offrire ai nostri figli un punto di vista diverso sul mondo e sulle cose che si possono imparare. Si è appassionato in fretta alla navigazione e alla pesca; per lui è tutto una scoperta.
Come vi siete organizzati per la loro istruzione?
Abbiamo scelto di occuparcene noi. In Italia, dal punto di vista formale è previsto. Dal punto di vista pratico ci sentiamo un po’ abbandonati, soprattutto se facciamo il confronto con la stessa offerta di altri paesi europei. Se abbiamo bisogno di qualcosa – programmi, libri, esami – dobbiamo tornare in Italia. I nostri vicini di barca francesi fanno tutto su internet. Ma faccio tutto quello che serve perché i nostri figli abbiamo la possibilità di reinserirsi in qualsiasi momento.

Quali sono le difficoltà maggiori della quotidianità in barca?
La difficoltà maggiore direi che è mantenere l’armonia nell’equipaggio. Gli amici ci immaginano costantemente in vacanza, ma non vendono il dietro le quinte. Ora non possiamo più delegare nulla, ci occupiamo noi di tutto: dall’istruzione dei bambini, alla sicurezza della “casa”. Poi bisogna fare i conti con la natura. La prima cosa che facciamo al mattino è controllare le previsioni del tempo.
La condivisione in barca è totale e i motivi di stress, anche se diversi da quelli in terraferma, ci sono. Si rompe qualcosa, il meteo va contro i piani, passi una nottata insonne a controllare l’ancora. Quando succede di litigare non ci sono spazi dove fuggire per farsi sbollire la rabbia, succede tutto in pochi metri quadrati. Bisogna diventare davvero un team.
C’è stato un momento in cui avete pensato: “basta, torniamo!”
Sì, c’è stato. Durante la scorsa estate ci si è rotto di tutto. Ho cominciato a non avere più fiducia nella barca, pensavo di aver sbagliato l’acquisto e che stessimo pagando la nostra inesperienza. Poi è successo che ci siamo trovati in mare con una tempesta e picchi fino a 70 nodi di vento. Mi aspettavo di disalberare da un momento all’altro e invece Gentilina si è dimostrata una barca con una struttura solida, che può fare ancora tante miglia. Ma soprattutto ci siamo scoperti una squadra affiatata che si muove coordinata anche senza parlarsi, sia noi che i bambini. Alla fine della tempesta ci siamo sentiti autorizzati a definirci finalmente marinai.
Come fate a mantenere sostenibile questo stile di vita?
Per ora stiamo ancora usando i risparmi rimasti dalla vendita della casa, ci eravamo dati due anni di tempo e con il budget ci siamo. Abbiamo fatto qualche lavoro nel frattempo, ma niente di continuativo. Se vogliamo – e vogliamo – continuare questa avventura dobbiamo fare qualche piano più concreto. È vero che si spende meno che vivere in città, ma le uscite non sono trascurabili: la barca ha i suoi costi e siamo in quattro, non possiamo vivere alla giornata. Abbiamo delle idee, vediamo come andrà a finire.
Piani per il futuro?
Se dovessimo tornare a casa domani io mi sento comunque di aver vinto. Questa esperienza ci ha arricchito e fatto crescere in un modo che non so descrivere. È vero però che dopo aver provato questo stile di vita è difficile pensare di tornare indietro. Faremo di tutto per restare ancora a lungo per mare.

Foto: le foto di questo articolo sono di Marina e Fabio (VaLeiLa Sail)
che ringrazio di nuovo per l’entusiasmo e la disponibilità. Buon vento ragazzi!