Per progettare il giro del mondo in barca Sara si licenzia da Vogue, lascia la vita glamour di Milano e, con Andrea, inizia a fare piani per rendere sostenibile il sogno di vivere in barca.
Milano, Condé Nast, Vogue: sono parole che suggeriscono una vita piena ed entusiasmante. Ci racconti che cosa facevi?
Mi sono laureata a Bologna in scienze della comunicazione: il giorno della mia laurea al mattino discutevo la tesi, al pomeriggio ero in ufficio a Condé Nast per un colloquio. Dopo poco venni assunta come agente junior, in pratica vendevo la pubblicità.
Da quando avevo 14 anni ho sempre lavorato: la cameriera, la postina, la barista, la hostess alle fiere. Quando sono stata assunta per il lavoro per cui avevo studiato ero felicissima.

Da Bologna ti sei spostata a Milano.
Sì, all’inizio con lo stesso ruolo finché sono stata selezionata per essere la direttrice della pubblicità di Vogue Italia. Gli incarichi aumentavano e, di conseguenza, il tempo che dedicavo al lavoro. Lavoravo dalle 12 alle 16 ore al giorno, non avevo tempo per altro. Mi ero fatta risucchiare dai ritmi di un’azienda americana che spreme al massimo le risorse: svolgevo il lavoro di 3 persone, pagata come una sola. Durante i miei anni a Milano lo stipendio era appena sufficiente da poter di vivere per conto mio. Lavoravo a Vogue, ma comunque vestivo Zara.
E la tua vita privata?
In quegli anni mi sono anche sposata, ma non andò bene, ero completamente assorbita dal lavoro. Nel 2014 mi separai e a marzo 2015 decisi di regalarmi una vacanza in catamarano alle Seychelles. Ero già stata in barca e avevo bisogno di quel tipo di vacanza, lontana da tutto. E proprio durante quella vacanza ho conosciuto Andrea, lo skipper, che oggi è mio marito.
Abbiamo avuto da subito molte cose in comune: la passione per i viaggi, l’amore per il mare. Con il tempo ci siamo trovati a coltivare il sogno di andare a vivere in barca. Nato come una chiacchiera è diventato il progetto su cui stiamo lavorando concretamente in questi anni.

Come si lavora a un progetto di questo tipo?
Per prima cosa mi servivano tempo ed energie: così decisi di lasciare la mia vita a Milano per venire a vivere in Romagna e stare con lui. Non poteva restare un progetto campato per aria, dovevamo iniziare a fare dei conti e pianificare la partenza. Se tutto va come abbiamo previsto, partiremo nel 2025. È un’organizzazione a lungo termine: vogliamo che il sogno sia sostenibile e cerchiamo di prevedere qualche piano di riserva.
Avete una barca?
Abbiamo un Bavaria 37 del 2007. In occasione del nostro viaggio di nozze abbiamo sfruttato tutto tutto il tempo che potevamo prenderci e abbiamo trascorso tre mesi in barca. Attraversato l’Adriatico, siamo arrivati in Croazia e da lì siamo scesi giù lungo Albania e Montenegro, fino alla Grecia. È stata una prova generale per la nostra prossima vita, un assaggio di quello che potrebbe essere il futuro. Per quanto breve, era la prova più lunga che potessimo fare ed è andata benissimo: i pochi dubbi che avevamo sono scomparsi, il progetto continua.

Fatte le prove generali, e ora?
L’obiettivo è rendere il sogno sostenibile nel tempo. Leggiamo da anni blog e libri scritti da chi già vive in barca. Non abbiamo figli, siamo io, lui e la barca. Prevediamo, una volta a regime, di avere un costo della vita di 1500€ al mese, imprevisti esclusi.
Abbiamo deciso di comprare una casa a Bologna da affittare, in modo da poter contare su una rendita e vogliamo organizzarci per avere anche ospiti paganti: una sorta di airbnb del mare per accogliere chi vuole fare un pezzo di viaggio insieme a noi. Terremo da parte la liquidazione di Andrea, quando anche lui si licenzierà.
In pratica la vostra vita di oggi è una tappa di passaggio?
Esatto. La situazione ora, anche se non cambierà a breve, non è definitiva: ci serve per partire preparati. Vogliamo diventare anche più bravi nella gestione casalinga della barca: cucina, dispensa e piccole riparazioni fai da te. Da fuori può sembrare un colpo di testa ma la pianificazione è molto razionale.

L’itinerario di massima qual è?
Vogliamo iniziare facendo qualche anno nel Mediterraneo, è un’ottima palestra per affrontare tanti tipi di mare. Non credo che la nostra barca possa essere attrezzata per la traversata atlantica, quindi dopo il Mediterraneo la venderemo e compreremo una barca già negli Stati Uniti per passare ai Caraibi. E da lì ripartiremo per esplorare e iniziare il giro del mondo. Panama, Pacifico e poi si vedrà. Ci immaginiamo che se va tutto bene staremo in viaggio 10 anni.
Le famiglie e gli amici cosa vi dicono?
Andrea va in barca da sempre, ha ereditato la passione da suo padre. La mamma, che è una grande viaggiatrice e ha già vissuto in barca in passato, ci appoggia. I miei sono meno entusiasti, ma ormai sono abituati ai miei cambi di rotta. Per gli amici velisti è un sogno bellissimo, per i non è velisti è un incubo.

Nel passaggio tra due vite così diverse non hai perso i tuoi punti di riferimento?
Mollare il lavoro era diventata una necessità. Quando ho incontrato Andrea ero già stanchissima della vita che stavo facendo. Non sono pentita della mia vita di prima, anzi. Sognavo di fare la manager e l’ho fatto, ne sono orgogliosa. A un certo punto però è scattato qualcosa, come se avessi concluso un compito, era ora di passare ad altro. In una fase in cui avevo bisogno di cambiare ho avuto la fortuna di incontrare la persona giusta con cui mettere in atto questo cambiamento.
Non mi manca il lavoro, ne la vita glamour di Vogue. Non mi mancano le feste, le sfilate. L’unica cosa che un po’ mi manca è Milano, perché ho amato molto quella città e tornare in un piccolo paese è strano. Ma ho un’altissima capacità di adattamento.

Coraggio o pazzia?
Tutti mi dicono che ho avuto coraggio a mollare quel mondo. Ed è vero, finché ci sei dentro sembra impossibile poter mollare. Ora che mi sono allontanata, però mi accorgo che i coraggiosi sono quelli che continuano a reggere il ritmo.

Tutte le foto di questo articolo sono di Sara, che ringrazio per il tempo che ha trovato tra una partenza e l’altra. Buon vento!