A volte sbircio gli articoli che condivide on line Il giornale della vela, una testata che parla di vela ai veri marinai. Io lascio le cose tecniche agli esperti e mi prendo gli articoli di costume. Così mi è capitato di leggere ben 3 raccolte di 10 frasi da non dire a un velista: ti lascio il link all’ultimo che hanno pubblicato, puoi trovare gli altri a ritroso. Le frasi vengono segnalate dai lettori stessi, alla fine sono così divertenti che credo diventerà una rubrica fissa.
Ci prendono bonariamente in giro per la nostra ingenuità: ci sarà il motore in una barca che va a vela? e il freno? si guida con il volante?
Quando la braca va storta loro si gasano e noi abbiamo paura di finire a mare. Per non parlare dei termini, se dici corda (al posto di cima) è una specie di parolaccia.
Gli uomini di mare sono una comunità, si capiscono tra loro, e sorridono sornioni davanti alle cavolate che un turista medio può sfornare durante un fine settimana. Io comincio a rendermi conto ora delle stupidaggini che ho detto, dopo più di un anno dal mio primo imbarco.
Se non avessi trovato il coraggio di fare domande ingenue, però, non avrei imparato. Probabilmente le domande che ho fatto, e che continuerò a fare, sono una dichiarazione della mia ignoranza, ma sono proprio le risposte che ho ricevuto a farmi ricordare il valore del Capitano che avevo davanti.
Siamo velisti o capitani?
Caro velista, non ti arrabbiare,
da qualche parte dovevo pur cominciare.
Amo il mare, la brezza tra i capelli,
i lupi di mare mi sembran tutti belli.
Mi avvicino alla barca con grande reverenza
se oso chiedere, tu abbi pazienza.
Arrivo incerta dalla lontana pianura
il vento e la notte mi fanno paura.
Chiedo se c’è il bagno o magari il motore
(a ogni richiesta so che una sirena muore).
Respira, e dimmi se se le mie scarpe van bene:
con i tacchi lo so, mi dai in pasto alle balene.
Sono cime, non corde! Lo devo imparare.
Qualche volta mi confondo e ti chiedo di guidare.
Non si gira, si vira! ripetilo di nuovo.
Dammi solo un momento, il volante lo trovo.
Quando avrò il permesso di salire a bordo
farò del mio meglio per andare d’accordo:
se mi preoccupo perché la barca va storta,
non ce l’ho con te, spiega e sopporta.
Se sono qui, Capitano, qualcosa ci unisce
cerchiamo libertà in un tramonto che zittisce.
Il fascino dell’ignoto ci fa guardare lontano,
ma tu resti per mare, io lavoro a Milano.
Poi urli qualcosa contro il mio sguardo perso,
non capisco l’ammonimento e sto di traverso:
tu sotto la barba già ridi, pensando all’ematoma,
io guardo l’orizzonte e non sto attenta al boma!